Un libro di Carlo Traini
A cura di Loredana De Pace
SCHEDA TECNICA
Editore Crowdbooks
Dimensioni 16,5×24 cm
Numero di pagine 128
Data di pubblicazione 2021
ISBN 978885608573
Prezzo 32 euro
Per acquistare il libro https://crowdbooks.com/it/promenade/
Per la loro natura, le immagini di Carlo Traini “chiedono” di essere inquadrate in un discorso di fotografia umanistica. Quel che le rende degne di nota, per chi scrive, è la simbiosi fra i concetti che muovono l’autore a scattare, dettati da una ragione che fra poco spiegheremo, e la sua capacità di ridefinire il concetto di “bello” attraverso ciò che ritrae.
Nell’estate 2020 Traini va al mare e incontra tutte le mattine le stesse persone che indossano gli stessi costumi mentali o al contrario li cambiano ogni giorno. Questo è ciò che cerca, vede e fotografa Carlo Traini. Da tale frequentazione della spiaggia e dell’essere umano ha origine l’idea di questo libro, di Promenade. Pathos e ironia in costume.
L’autore sa pazientemente osservare, e grazie a questa attitudine che applica costantemente riesce a cogliere il pathos umano nell’accezione più ampia e profonda del termine.
Negli scatti – realizzati tutti con l’uso della fotocamera dello smartphone, posizionato spesso ad altezza ombelico – Traini mostra l’essere umano in una formula volutamente lontana dalla retorica della “bella composizione”. Al contrario, la sua maniera di vedere e fotografare è perfettamente integrata in una struttura mentale e compositiva che sganghera le maglie del “già noto” e si apre all’inaspettato.
Quali sono i concetti fondanti del fare fotografico di Traini? Nelle sue immagini, e nello specifico in Promenade, le persone non sono riprese come oggetto all’interno di una scena, al contrario l’autore scatta solo quando sente che quelli nel suo obiettivo sono diventati soggetti, colti nel loro istante più consueto, nascosto oppure invisibile agli altri. L’autore cioè individua “Il momento in cui stanno facendo una particolare riflessione, vivendo una certa ansia, oppure un attimo di gioia, la percezione del peso dell’assenza – o della presenza – un esserci, un non esserci, un essere altro o voler essere altrove”.
I soggetti che Traini fotografa stanno pensando, dice l’autore, “A una speranza, a una paura, a una malattia, a un nipote lontano. In questo senso io sto lì e cerco quell’istante”.
Le immagini che “incontrerete” in questo libro non possono essere valutate solo per la loro (sia pur riuscitissima) composizione. I punti di vista insoliti, le prospettive distorte, le scene spontanee perché prese all’insaputa dei bagnanti, le sagome inconsuete che si creano fra incastri di pelle nuda, capelli al vento, forme del bagnasciuga, gonfiabili giganteschi e tutto il cielo possibile, sono ricchi di significato solo perché funzionali allo scopo appena descritto.
Il soggetto per Carlo Traini è qualcosa di straordinariamente normale che è parte di una quotidianità alla quale molti non hanno tempo o modo di prestare attenzione. Per questo motivo le sue fotografie sono dedicate alle persone in esse rappresentate. E non solo: il lirismo degli scatti di Promenade si completa con il messaggio che l’autore vuole trasmettere proprio ai suoi protagonisti. Le scene dentro le quali involontariamente si trovano, vogliono dire loro che possono non essere soli perché esiste una persona che, passando al loro fianco, ha a cuore il piccolo frammento di vita riprodotto in fotografia, che sia di riflessione o ironia, di sintonia con la natura interiore o con quella fatta di sabbia e mare.
L’autore parla inoltre di queste immagini come anelli di una catena di cui si fa carico, o meglio ancora, di perline di un monile che egli indossa metaforicamente quando guarda, riconosce, fotografa e, così facendo, omaggia la vastità e la diversità del sentimento umano.
Alla luce di quanto detto finora, sfogliando le pagine che raccolgono i quattro capitoli di Promenade. Pathos e ironia in costume immaginare quali siano state le emozioni o i pensieri provati dal soggetto mentre Traini lo stava fotografando, diventa una piacevole ricerca per ciascuno di noi.
L’afflato di Carlo Traini è tutto proteso alla cura dell’uomo, rivolto alla complessità di cui è fatta la natura umana.
In definitiva questo autore fotografa per fissare il valore della memoria sulle cose impercettibili, perché queste sopravvivano (insieme a lui) all’indifferenza del tempo che spiana ogni emozione. Infatti, sottolinea Carlo: “Quando un’immagine mi raggiunge la accolgo nel momento in cui riesco a percepire in essa tutto quello che non si vede. Un po’ come quando si apre una finestra di colpo e si percepisce da piccole cose il sopraggiungere della primavera ma senza vederla ancora”.
QUATTRO FORME DI UMANITÀ
Come granelli di sabbia raccolti uno ad uno da un saggio eremita, in Promenade Carlo Traini ha collezionato un’umanità molteplice. Per sua natura, il desiderio è quello di “catturare” benevolmente quel che incontra, dove per incontro si intende una vera connessione fra le parti che si manifesta grazie alla fotografia. Maieutico è il compito del curatore che riceve dall’autore il mandato per mettere ordine nel caos creativo, per raccogliere amorevolmente gli “scatti-granelli”, e pian piano avvicinarli l’uno all’altro per tonalità cromatiche, forma e sostanza. Un lavoro paziente, certosino, affettuoso, severo. È in questo modo che dal mare magnum del corposo nucleo di scatti iniziali hanno preso vita i quattro capitoli nei quali sono raccolte le immagini di questa Promenade che avete fra le mani.
I termini adoperati per rappresentare ciascun capitolo sono il frutto di una scelta ben precisa, mirata a sottolineare la natura dell’autore che, con la sua fotografia vive una simbiosi fra l’essere uomo d’altri tempi – romantico e melanconico – ricercatore disarmato di stralci di memoria da conservare, e il suo essere qui e ora, dentro l’esistenza attuale, munito di uno strumento contemporaneo, lo smartphone, con cui scattare, e capace di una singolare messinscena attoriale, necessaria per catturare le sue immagini. Mentre passeggia, infatti,
Carlo Traini si tramuta in un performer tenendo fra le mani il cellulare e facendo finta di sbrogliare il filo degli auricolari per dare l’impressione di essere impegnato in una telefonata.
Tutto per simulare disattenzione verso i soggetti fotografati e dirottare la loro attenzione su altro. Così facendo Traini libera i suoi soggetti dalla consapevolezza di essere ripresi… e scatta.
Stranezze anamorfiche, alterazioni ricercate, punti di vista insoliti, intrusione dell’autore per mezzo della sua ombra integrata nell’inquadratura e finanche nel soggetto stesso, proprio a voler suggellare l’unione dell’azione-pensiero dell’autore con l’azione-pensiero del soggetto. È questo l’ensemble che costituisce il primo capitolo del libro, Corpi e rivoluzioni. Perché il corpo è di per sé una rivoluzione straordinaria e qualunque gesto compia è rivelatore di un’emozione; anche quando l’uomo tenta di celare maldestramente i sentimenti, il corpo riesce a esprimerli al meglio.
Nel secondo capitolo, Ironia e allegrezza, il ruolo delle immagini è quello di concedere leggerezza alla visione. Senza sberleffo, ma con coinvolgimento divertito, consapevole di essere stati tutti noi in una posa sgraziata, in qualche momento della vita, di aver assunto una smorfia ridicola, catturata dagli altri in quanto destinatari della nostra fisiognomica facciale, di essere stati oggetto di scherno per qualche divertente situazione che, con un po’ di autoironia, ci porta a sorridere di noi stessi, del nostro essere stati goffi, bizzarri o persino grotteschi. Quanto fa bene saperlo e sorridere ce lo propone Carlo Traini in questo capitolo.
Prima di collezionare Gesti di genti, raccolta iconografica che compone il terzo capitolo di Promenade, non avevo mai ragionato a fondo su quanto un tratto di spiaggia potesse raccogliere l’humus della gestualità umana. Specie quando si è rilassati (e trascorrere qualche ora a mare dovrebbe portare a questo risultato), la mente umana trasmette al corpo segnali pacifici che in contesti urbani sono più rari a causa della dimensione differente dello spazio e del rapporto dell’uomo col corpo e con l’ambiente circostante.
Baciati dal sole estivo, in un lembo di terra e di mare, dove l’orizzonte è una costante, i gesti liberi si moltiplicano davanti allo sguardo di Carlo Traini nel corso delle sue passeggiate sul bagnasciuga.
Così, ogni espressione verbale – manifestazione di un racconto, di una conversazione, di un entusiastico gioco estivo – diventa gesto specifico raccolto e incapsulato nello spazio e nel tempo di una fotografia.
Non a caso ultimo componente del catalogo di umanità raccolto da Carlo Traini sulle spiagge marchigiane, è Centro, una sezione finale che per la sua natura lessicale dovrebbe essere collocato altrove, ma che in questo caso per la natura invece concettuale del libro abbiamo spostato a conclusione del percorso. Perché sia il centro dell’inizio di un nuovo tragitto e per ricordare che Traini scatta sempre per riportare l’essere umano al centro.
La centralità dei soggetti in queste immagini è il filo conduttore della raccolta: in alcuni casi l’elemento è stabile, quasi rappacificante dopo tanto movimento – fisico ed emotivo – presente nei tre capitoli precedenti. In altri invece, è vezzoso, pensoso, gioviale, dinamico, festoso, fascinoso, poetico. Come l’essere umano.
Non è un caso che la copertina di Promenade. Pathos e ironia in costume sia corredata da un’immagine che appartiene a questo capitolo. La centralità del discorso di Carlo Traini vuole sempre l’uomo e i suoi pensieri protesi verso l’alto, verso una spiritualità, ora malinconica e mesta, ora laica e vibrante.
L’indimenticato resta negli scatti colti da Traini come una sorta di elegia della bellezza che raccoglie tutto quel che può per trasmetterlo ai posteri e non lasciare che vada perso.
Dentro Promenade ci siamo tutti noi. È questo che rende così speciale il lavoro che state per vedere. Quando sfoglierete questo libro, in chi vi riconoscerete?
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