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Epifanie. L’altra fisica del paesaggio

Un libro di Tina Cosmai

A cura di Loredana De Pace


Tina Cosmai libro Epifanie l'altra fisica del paesaggio curatela loredana de pace

SCHEDA TECNICA

Autopubblicazione

Formato 21x15cm

Carta Interna Usomano 150gr

Copertina carta Usomano 350gr, plastificata, opaca

Stampa a colori

SOLD OUT


Respirate a fondo, rivolgete lo sguardo verso questa piccola poesia che avete fra le mani e solo dopo guardate le immagini, a partire dalla copertina. Un breve momento di concentrazione questo, utile per entrare nello stato emozionale in cui vuole accompagnarci l’autrice – Tina Cosmai – attraverso la trilogia di cui è composto Epifanie: l’altra fisica del paesaggio.


La prima sensazione nel guardare le fotografie di questo libro è riassunta nella parola sospensione.

Oggi più che mai siamo a conoscenza di cosa significhi essere in tale stato d’incertezza, di cosa implichi e quanto sia impegnativo affrontarlo. Eppure, proprio da una condizione di indeterminatezza ha origine il percorso di Tina e ora, attraverso il suo libro, possiamo vivere in qualche modo anche noi, tutta l’evoluzione di una molteplicità di sentimenti – dallo smarrimento alla libertà – e di concetti universali trasferiti nelle immagini.

Sembra quasi normale che nel rettangolo dell’immagine un colore pastoso e indefinito rivesta le superfici – anche quelle che dovrebbero essere più sature – sbiadendole, non alla maniera in cui negli anni passati la fotografia est europea ci ha abituati, no. Quello di Tina Cosmai è il “colore” del mare della Liguria – e nello specifico della cittadina di Vado Ligure, dove l’autrice ha fotografato – che nelle giornate di maccaja perde il blu e diventa quasi terroso.


Dentro lo smarrimento che tale alterazione produce, ci si deve “immergere” proprio come ha fatto l’autrice, per comprendere quanto in verità sia ricco questo paesaggio che, pur sembrando vacuo, riserva una sorprendente profondità di concetto e di relazione fra le parti.


Il mare fotografato da Tina risuona diversamente dall’immaginabile, ha una sostanza di immedesimazione e, soprattutto, è testimone di resilienza.

Queste epifanie si rivelano solo guardando oltre il primo livello di osservazione delle immagini, tanto che nelle inquadrature compaiono pian piano le figure umane e gli oggetti, che restano su una spiaggia invernale, disvelando così tracce che ci risultano molto familiari.

Resistere discretamente: questo sembra sussurrare il primo “atto” della trilogia di Tina Cosmai, intitolato Via di fuga a mare.


Come è giusto che sia in un processo evolutivo, nel secondo capitolo della trilogia, intitolato Manikins, compaiono più elementi: le cromie si saturano leggermente, l’inquadratura si riempie, le dinamiche cambiano. Campeggia pur sempre una condizione di sospensione, sebbene sia mutata la sua forma, differente e più lieve rispetto al primo progetto, mutamento che ha seguito di pari passo la catarsi dell’autrice.

Ad affiancare la resistente presenza umana sulla spiaggia, “invasa” in lontananza da prepotenti costruzioni industriali, stavolta si aggiungono alcune forme geometriche – la cui presenza è delicata ma decisa – scelte e collocate nell’inquadratura in specifici punti, a supporto e protezione della presenza umana sulle rive del mare.

Queste geometrie rappresentano un passo in più verso il terzo e ultimo capitolo della trilogia di Tina Cosmai, il più giocoso e liberatorio: Lùdica.


È una leggerezza colorata, quella che riempie le rive di Vado Ligure, stavolta. Ma il gioco, pur essendo proprio dell’infanzia, qui mescola le parti e si presenta maturo e consapevole, sia perché quest’ultimo elemento della trilogia rappresenta la conclusione di un percorso che va ben oltre quello fotografico, sia perché le iconografie giocose scelte e sovrapposte da Tina nelle sue immagini sono frutto di un’accurata ricerca e di una lunga fase di postproduzione sugli scatti originali.


La connessione fra il luogo e la mente è il filo conduttore di questa trilogia, ma per estensione possiamo dire esserlo, di tutto il sentire di Tina Cosmai, quando sceglie di esprimersi attraverso la parola – alla fine di questo libro, una sua intervista avalla il concetto – sia quando chiede alla sua amata luce di entrare nelle immagini e dar loro matericità.


Tina fotografa per cercare la Bellezza, perché la poesia del genius loci s’incontri con la poesia interiore che è, grazie alle singole immagini, via via sempre più libera.

Le epifanie raccolte in questo libro sono un continuo e serio ricercare, evolvere, disvelare, comprendere, approfondire, assemblare, osservare, resistere, scoprire, gioire, liberarsi.

“Dov’è finito il colore del mare?” Abbiamo chiesto all’autrice. Ma il mare ha molte anime, e con esse, molti colori. Quello della ricerca interiore, profonda e struggente; quello della resistenza di ognuno di noi, inquadrato nel luogo al quale impara ad appartenere e da cui non fugge; e infine quello della gioia e della liberazione, frutto di un trascorso lungo, impegnativo e necessario.

Epifanie. L’altra fisica del paesaggio di Tina Cosmai ci accompagna, mano nella mano, con fermezza in questo viaggio.


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